UEFA Champions League

#INTERATLETICOMADRID 1-0

Non poteva andare diversamente. Non poteva non essere un destro a segnare con il mancino. Come faceva Andy, il più forte ambidestro. Ci siamo svegliati con la notizia che un pezzo della nostra storia, uno dei più grandi terzini di sempre, se n’era andato, così, all’improvviso. Lasciandoci una tristezza e una malinconia tutte interiste, miste alla tensione per un appuntamento così importante come un ottavo di Champions League. Il silenzio e il magone hanno lasciato spazio al frastuono. L’Inter ha fatto l’Inter: quello che avrebbe fatto Brehme. Caricare, testa bassa e gambe forti, qualità e costanza. Una, due, tre volte. Come un’onda che ha man mano aumentato il suo impeto. Si è infranta tante volte, la marea nerazzurra, su quel muro costruito ad arte dall’Atletico Madrid. Poi, poi, l’urlo liberatorio. I decibel impazziti, le voci spezzate. Marko Arnautovic, con il sinistro, ha fatto centro al minuto 78: Inter-Atletico 1-0. E allora eccola qua, l’andata degli ottavi di finale di Champions League. Una vittoria di misura, che poteva essere più larga, significativa, alla luce di una mole di gioco enorme, di occasioni clamorose, di uno schema di partita prima sporcato dalle linee strette dell’Atletico e poi inesorabile, verso un dominio netto. Sembra di rivivere Inter-Porto della scorsa stagione. Stesso canovaccio, con meno sofferenza. Stesso risultato, con un gol liberatorio nel finale. Per lunghi tratti non è stata la solita Inter. La voglia e la concentrazione solite, ma la tattica di Simeone, la capacità di aggredire, l’incredibile costanza dei giocatori dell’Atletico di portare pressing e raddoppi ha sporcato, a lungo, il match. Lo ha reso poco spettacolare, perché l’Inter per distendersi doveva saltare linee doppie, doveva spezzare raddoppi ostici. Quando lo ha fatto, nel primo tempo, si è vista spalancare praterie, cavalcate da un Thuram ispirato – poi costretto al forfait per un problema muscolare agli adduttori. Lautaro nel primo tempo ha sparato a salve, graziando Oblak, mentre Sommer non è stato chiamato in causa. Lino, il più attivo in avanti nell’Atletico, è stato l’uomo più pericoloso.

Arnautovic per Thuram: un cambio che modifica il modo di attaccare dell’Inter, che comunque riesce ad alzare il baricentro. L’Atletico inserisce Morata, ma gli spunti sono estemporanei. Per una notte, Calhanoglu e Mkhitaryan hanno poco spazio per dominare il centrocampo. Ci pensa Barella, con una ripresa da vero campione, a spostare gli equilibri del match, sorretto da una prova difensiva e propositiva incredibile dei tre centrali di difesa: De Vrij, Pavard e Bastoni, stellari. Macina gioco, l’Inter. Prende campo, taglia la difesa avversaria. Arnautovic ci prova in allungo, poi al 18′ manda alto da ottima posizione dopo un’azione palla a terra dei nerazzurri da urlo. San Siro si dispera, lo 0-0 è ancora lì immutabile. Anche se è un risultato bugiardo. L’ingresso di Dumfries e Carlos Augusto dà un’altra scossa al match. Strappa, scappa, si invola a ripetizione, Dumfries. E l’Atletico è costretto a ripiegare più volte. Lautaro è un leone, Oblak però è impeccabile. Serve un lampo. Ce l’ha Frattesi, che imbuca per Lautaro, lanciato contro il portiere sloveno. Che è mostruoso, si salva, ma non può nulla sulla ribattuta di sinistro di Arnautovic. San Siro trema. Le voci, le urla, gli abbracci. Succede di tutto, eppure c’è quasi un quarto d’ora da giocare. Lino mette i brividi a Sommer, l’Atletico prova a mandare in avanti anche i difensori, a caccia di fortuna sui palloni alti. Si battaglia. Carlos Augusto si esalta, non c’è un pallone lasciato a metà strada. Non si lascia nulla, al caso. Nemmeno il ricordo di chi non c’è più. Questa è l’Inter. Ha vinto anche questa sera.