L’Inter elimina il Porto e si qualifica ai quarti di finale di Champions League dopo 12 anni. Grinta, concentrazione e cuore sono parole che delineano in maniera perfetta i contorni di quello che è stata la serata di Oporto. Una serata storica e stoica, un match giocato con attenzione e sacrificio, entrambe caratteristiche che sono emerse in diverse giocate dei calciatori nerazzurri, i quali hanno messo in campo tutto quello che avevano per portarsi a casa una qualificazione che apre adesso scenari imprevedibili e sognanti.
Che fosse una serata dai toni epici si era capito già nel primo tempo. Il Porto aveva iniziato a tenere alto il baricentro, provando a cercare l’imbeccata vincente. Uribe, Eustaquio e Taremi hanno provato nei primi 15 minuti di gioco a tessere delle trame di gioco senza però mai far male. La prima vera conclusione è nerazzurra, con Dzeko che con un potente tiro ha trovato la pronta risposta di Diego Costa. Nei dieci minuti successivi emerge tutta l’importanza della posta in palio con le due squadre che provano a proporsi senza riuscire a trovare lo spiraglio giusto. Al 39’ Evanilson a botta sicura cerca la gloria, ma Dimarco chiude lo specchio con un intervento che funge da esegesi del sacrificio nerazzurro in scena ad Oporto. Prima del riposo Lautaro di prepotenza fugge sulla destra e conclude di potenza da posizione defilata. L’estremo difensore portoghese blocca il tentativo.
La ripresa inizia in un clima di fuoco con i tifosi portoghesi che si ergono a vero dodicesimo uomo in campo. Il primo lampo è di Barella che di destro lascia partire un bolide che finisce fuori misura di poco. Il Porto fatica a costruire e quando lo fa si deve mettere contro il muro nerazzurro. Al 65’ è Darmian a stoppare la folata offensiva di Galeno. Grujic prima e Calhanoglu dopo tentano il gol sblocca match, ma senza successo. Gli ultimi 15 minuti vedono l’assalto totale dei portoghesi in cerca del gol che viene salvato sulla linea da Dumfries al 94’ e un minuto dopo dalla mano di Onana che devia sul palo il colpo di testa di Taremi. Finisce con un clima emozionale difficile da descrivere, ma che porta l’Inter tra le otto migliori squadre d’Europa.